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Dottor Spaziani Testa, la vostra non è un’ostilità preconcetta?

«Non siamo contrari alla riforma del catasto, ma non ci fidiamo di interventi così strettamente legati ai moniti che arrivano dalla Commissione Ue e dall’Ocse e che sono esplicitamente finalizzati all’aumento della tassazione sugli immobili. In quei documenti si suggerisce di riformare gli estimi per recuperare risorse per la riduzione della tassazione sul lavoro. Se questo è l’approccio, non si apre neanche la discussione. La tassazione sugli immobili va ridotta e non aumentata».

I favorevoli all’intervento sostengono che l’attuale regime sia disfunzionale.

«Il mondo è imperfetto e così pure il catasto, ma non è tale da richiedere la riforma con la r maiuscola. L’Agenzia delle Entrate ha la possibilità di intervenire quando si effettuano ristrutturazioni di importante entità e, cambiando classe e categoria dell’immobile, aumenta la tassazione. In passato, inoltre, sono state effettuate operazioni di riclassamento su interi quartieri sia a Roma e che in altre città. Ecco perché sarebbe necessario dichiarare anticipatamente se con una riforma la tassazione aumenterà oppure diminuirà. Ci sono milioni di unità immobiliari che non solo non hanno valore catastale, ma non hanno proprio valore perché non sono abitabili, vendibili o affittabili. Una riforma ne terrebbe conto? Ne dubito».

L’Imu ogni anno drena tra i 21 e i 22 miliardi di euro ai contribuenti. Un ulteriore aumento è praticabile?

«I valori catastali sono stati aumentati a partire dal 2012 con la manovra Monti. Si pagano 12-13 miliardi in più ogni anno. La priorità è tornare a valori accettabili della tassazione. I locali commerciali e gli immobili in periferia sono doppiamente penalizzati: sono sfitti e i proprietari devono pagare l’Imu. Gli immobili inagibili sono ancora tassati. C’è gente che non trova i soldi per pagare la patrimoniale e, per di più, il governo ha bloccato gli sfratti a discapito dei locatori. Vogliono solo aumentare le tasse in nome di una finta equità».

E se si passasse dai vani ai metri quadri nel calcolo dell’imposta?

«Si può discutere, entrare nel merito ma bisogna ricordare che ci sono immobili storici che hanno vani enormi e con i metri quadri sarebbero ipertassati sebbene non abbiano possibilità di essere messi a reddito, perché commercialmente non valgono nulla. Bisognerebbe essere prudenti perché l’Italia è piena di patrimonio immobiliare di pregio storico-artistico ma inutilizzabile. Cosa facciamo? Li tassiamo ancora di più?».

E applicando nel calcolo dell’Imu il valore di mercato come vorrebbe una certa parte politica perché le rendite non rispecchiano il valore dell’immobile?

«Il punto è quanto si pretende di ricevere da questa riforma. Se il valore di mercato è superiore a quello catastale, e questo non vale per la maggior parte degli immobili, che cosa si fa con le aliquote? E, comunque, la riforma non è la priorità perché il Parlamento, come ho detto poc’anzi, si è opposto».

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